Fa molto scalpore la vicenda di Brittany Maynard, l'insegnante statunitense che è ricorsa al suicidio assistito appena 24 ore fa, dopo che le era stato diagnosticato un tumore incurabile al cervello.
Si ripete che la vita è sacra, ed è un'affermazione giustissima: decidere cosa fare della propria vita è un sacrosanto diritto di ciascun individuo.
Chi preferisce ad un addio lento ma inesorabile un veloce commiato, dovrebbe poterlo fare in libertà e senza critiche.
C'è una massima dell'Hagakure che recita "Solo la fine è importante in tutte le cose": gli ultimi momenti di una malattia così devastante sono orribili e - oltre alla sofferenza fisica - lasciano un tremendo ricordo nella memoria delle persone care che assistono impotenti alla fine della persona amata.
È la stessa ragione per cui molte persone, quando viene a mancare un parente, decidono di non andare a dare alla salma l'estremo saluto nella camera mortuaria: si vuole ricordare l'estinto in vita; vederlo esanime sarebbe un'immagine così forte da sovrastare tutti i ricordi di quando era a fianco a noi.
Andarsene il più tardi possibile, ma prima di raggiungere il punto in cui la vita non può più essere definita tale, è scegliere di risparmiare ai propri affetti un'ulteriore dolorosa prova: è una decisione difficile, sicuramente discutibile, ma coraggiosa e che racchiude tanto amore per la vita delle altre persone.
Cordialità,
Il Triste Mietitore